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Appunti di viaggio del collezionista d'attimi

from Zahir by Michele Tiso

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lyrics

Quella volta era aperto il cancello e mi intrufolai come un ladro
incurante della tua fotocopia in agguato fuggente
tua madre non mi guardò neppure
io finsi di bussare
scambiavo lei per te
ma fuori dalla penombra capivo che forse eri troppo
invecchiata in due giorni

Il prato puzzava di cane e il tuo zaino di birra
esotica con quelle spille
ma io ti parlavo di Kierkegaard e non mi ascoltavo
poi il frappé nel bar deleterio
alla radio davano Dylan
e pensavo a chi avessi fregato le spille bohème, forse qualche viandante incallito
od amante, e la tua fragola non andava giù

Parlavi di certe poesie che avevi già scritto ma fin troppo
tue per essere lette a qualcuno
e mi chiedevo per un attimo cosa fossero mai
ma in realtà non vorrò saperlo
non voglio scostare il velo di Maya
so già troppo di te e dei tuoi misteri fasulli per intorbidare le immagini scure
e future con versi forse già usati

Al caffè dei poeti ci atteggiavamo come pseudointellettuali
un po' goffi e impacciati
ma di poeti laggiù non ce n'erano, e neppure fra noi
Milano sembrava risorgere
o forse eri tu che le davi una mano
per me ora è rimasta la solita fogna, ma il nostro treno al ritorno
speravo viaggiasse più lento del vecchio giorno

Conrad e Svevo piazzati sul tavolino sapevano già
l'effimerità della prova che inetti subivano
forse anch'io lo sapevo, ma restavo in silenzio
certo lo sapevi anche tu
io credo, e ti fingevi distratta
troppo valeva pensare alla noce di decadenza divina suina
che misera e vuota suonava con occhi mai stanchi

Ora è il mio turno e il mito della notte irlandese mi brucia di
Guinness sotto le note di parole italiane
tu sai che i dublinesi sono morti con Bloom
e a Dublino imparo di Napoli
e la madre tettona non è altro che una scuola fascista
immersa nelle facce passate e disperse che il mio
feticismo trasporta in adorazioni di luoghi ormai spenti

Leila tu sai quanto il tuo nome mi porti in mondi e
galassie lasciati nella promiscuità di ricordi rubati
proprio come l'irish folk music muore nel disco
non posso che pensare all'indietro
o immaginare i litigi di Joyce
poi la troia ci disse "le vostre birre son da signorina"
mentre il quarantenne la toccheggiava e il padre era esperto di vini

Tre anni dopo l'aver consacrato il cimitero notturno
di preti e fantasmi
il partente fratello mi tradisce e richiude la porta
il giorno delle sue nozze
o dei suoi incontri fuori le porte di Roma
ci sarà qualche ora di me, insieme a un pugno di parole non vere che fluivano
l'unica sera del mio ritorno in Dundrum

Busserò come il cugino Jolly alla porta del monastero
in vesti da pellegrino consunto
cosa farò o penserò ancora lo ignoro
coverò pensieri non troppo pudichi
all'ombra del bosco di castità
tutto forse soltanto per vedermi strappare da sotto gli occhi
quel che mai ho avuto, e un gusto di familiare tempesta

Ascolto la predica di blasfemi cattolici che decantano
di una verità assoluta, iperbolica
e poi aprono Nietzsche e ne leggono i versi
"noi siamo compagni di mensa
ma non andiamo a letto insieme"
padre, lei parli per sé, io mi limiterò a frustrarmi nella tentazione
e Nietzsche si agita nel suo inferno afrodisiaco

Cristo forse sarebbe lui stesso un esule nutopiano
in questa terra straniera e remota
che però mi scivola accanto senza sfiorarmi
per una attimo ho visto dio
da lontano, io sguazzavo nel fango
quando lei mi trafisse con i suoi occhi verdi in quell'eterno
momento capii come mai da millenni l'uomo la preghi

Addio, la rotaia vicina mi chiama, con l'ultimo
bacio sospeso all'amuchina forte
che il parente ti aveva spalmato sulle labbra sottili
ho spezzato la duplice gabbia
e la morsa nel petto tarda a arrivare
mi ha colpito che ero già troppo lontano, nel sole della costa dell'Est
dove la vecchia roulotte tornava per un'altro giro di mano

E' il momento di aprire le porte ai vitelloni e alla caccia
alle foche nella penombra dell'estate emiliana
ma quando evapora il vino posso toccare la notte
vuota nel nichilismo disfatto
di chi perde e non trova o ritrova
nel solcare le strade non battute dai carri ero sempre straniero
in ogni terra e forse, fratello, mi mancavi più della nostra donna fantasma

Ed è l'inverno inoltrato che mi richiama per una breve estate dei morti
nel cuore della terra imperiale
illuso da una dea che, come tutte, si scopre mortale
ma al buio sul mare nella Miami minore
mi sentivo come Allen e Keaton
col tuo cappotto alla "Blonde on Blonde" sembravi l'amante di bronzo del
solcamari, ma era solo un altro flebile istante da collezione, lo sai

Il ritorno è sempre malato di vizi passati che uno
alla volta son ritornati al loro atavico nido
nido mobile e infermo nelle case degli altri
un marinaio di granito
baciava la sua donna coi fiori sul petto
osservare loro o guardare i vampiri era sempre e per sempre tutto
quello che il mare e la terra ci avrebbero dato nel primo e secondo tempo

credits

from Zahir, released January 1, 2012

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Michele Tiso Bologna, Italy

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