1. |
Zahir
03:24
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La scimmia che confonde i venditori del mercato
sta suonando l'ukulele mentre piscia sul bazar di Mohammed Abramo Alì Bob Zeta Jones
Ha un padrone col turbante anche se non serve mai nessuno
e all'ombra della cupola del tempio giorno e notte vende e prega
Archeopatici convulsi e strapazzati fanno a pugni col ribelle
che voleva smidollare, sregolare il loro modo di pensare
Lui ama quel che amano, anche se vorrebbe aver qualcuno
e quei giovani vegliardi quanto odiano l'incosciente libertà
Io sono il suo stregone, sono il mago
che gira e volta, parte e prega e poi ritorna
a mani nude, tranne che per qualche citazione
e un dubbio in più ad ogni bicchiere
Il sognadòr, lui rideva di goduria
a quel pio verso degli Stones e in quell'istante, in quel sollazzo capiva che poi non serve a un cazzo esser romantici in amore
Sbriciolava la sua rosa col fervore di un fallito libertino
e all'umido della grande inondazione asciugava la chitarra
Peter Pan, lui tagliava la sua barba ed implorava tregua al vento
mentre sugli scogli scuri sfoderava il suo pugnale e sfregiava la sirena
Wendy ha ormai vent'anni, ha sette amanti e odia i doppiogiochi
ma ha una scritta sopra il seno che le ricorda quel che ha già dimenticato
Io sono il suo stregone, sono il mago
che gira e volta, parte e prega
e poi rimane sempre fermo, tranne che per qualche deviazione
e un dubbio in più ad ogni bicchiere
Senza fallo è la collana che hai sul petto
forma fallica irlandese destinata a cento donne e condensata in un fantasma
La pioggia lava i miasmi del veleno che respiri là ogni giorno
ma solo sulla strada e sul tuo viso perché dentro lui ti uccide
Io sono, lei mi ha scritto, il suo Zahir
lanterna di saggezza, luce di Galadriel, sogno
stella d lontana ispirazione
punto di non arrivo
Io sono, lei mi ha scritto, il suo Zahir
momento perso di un bisogno mai esistito
scorre nei canali di Bologna
che si inabissano nella terra
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2. |
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Nel buio ho visto
un cantore disperso
e abbandonato fra i resti
di una chitarra spezzata
E in quel momento
ero un Principe Nero
inciso in poche parole
sul foglio spossato d’assenzio
E guardavo
le mie donne ballare una danza con cento feticci
trafitti da aghi
di pino e di piombo
Tra il pugno e lo scettro
ne ho avuto abbastanza
dell’Amore intrappolato
tra il ventre ed il cielo
Così ho spento
la luce che tremolava
sulle dottrine dei mangiatori
di saggezza e di fede
E al buio dell’alba
tutte le troie e le amanti mi han benedetto
sotto i colpi di sciabola
e di empietà
E ho visto gli occhi della Notte
per capire dal loro profondo se ero in grado di amarla
E ho chiesto a voi tutta la gente
come potersi estasiare nella distruzione
Nessuno parlò
Sulla strada un giorno
incontrai Qualcuno
di una bellezza ineffabile
inconfessabile
E pensavo
alla follia di una
felicità forse
insopportabile
Il Genio ed io
ci siamo uccisi e annientati nel punto d’arrivo
dell’Amore Complesso
e insieme distrutti
E ho visto gli occhi della Morte
per capire come sia il desiderio della musica saggia
E muoio negli occhi della Notte
che mi hanno insegnato a vagare senza meta per sempre
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3. |
Il parente ed io
02:36
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Eravamo io e il parente, il parente ed io
eravamo sulla strada di che cosa lo sa Dio
eravamo lontani da casa
eravamo lontani da casa
Lui pensava al cimitero, con le sue croci celtiche
io pensavo ai fatti miei, ma avevamo in testa che
eravamo lontani da casa
eravamo lontani da casa
Eravamo nella nostra stanza incasinata
lui leggeva in italiano, io rompevo con la musica
eravamo a digiuno e in ritardo
eravamo a digiuno e in ritardo
Eravamo in giro in centro e parlavamo di non so
ci guardavamo intorno, cercavo quello che non ho
volevamo volare più in alto
volevamo volare più in alto
Prima contavamo i giorni, i giorni già passati
dopo alla rovescia quelli da passare
vedevamo qualcosa di diverso nell’aria
sentivamo che la fredda estate cantava
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4. |
Cecilia
08:50
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Quel che ti ho lasciato è un pezzo di carta
con una frase quasi divina
che ho sempre amato ma purtroppo ho tradito, stavolta
stanotte è solo per te
sai cos'è il viaggio, ma ancora di più
sai cos'è la partenza e l'abbandono, non so se dei
tanti visti e subito persi qualcuno
mai ti rimarrà nella pelle
e sai anche tu quel che non sai
e anche tu sei distrutta dal grande
infinito dilemma senza risposta e senza
futuro per l'eterno mortale
forse era il mare, così sempre consueto
o forse il trovare in un lontano vicino
una luce su questo mio strano cammino
che ancora mi fa pensare
ma spero un giorno di poter rincontrarti
tra i bar modenesi, dove ci si sbronza
e si va giù pesi
o magari in una danza irlandese
o in un'altra effimera estate in terre
non lontane né sognate
ma vive e vere
Fighedilegno, quante ne ho conosciute
incontrate e poi andate perdute
né tu né io sappiamo già dire
se qualcosa hanno vinto, o non han mai perso niente
così ti ringrazio, e ora ti canto
anche se mi lascerai per sempre un rimpianto
che non svanirà al contrario degli altri
subiti ogni volta che ho tradito la frase
perché ora è diverso, è tutto più strano
è tutto diverso e niente di invano
perché vivo di notte e veglio di giorno
e forse aspetto di sentire “ritorno”
a volte mi chiedo se potrai riuscire
tra i fumi del sogno e dell'intenzione
a decider qualcosa di vero
un universo più in là della tua immaginazione
che tu possa decidere quello che senti
per quanto sembri folle od ingiusto
e sfanculare il maledetto buonsenso
per lui non c'è spazio
che la tua vita di tutti i giorni
non ti sconfigga né uccida i ricordi
e il tempo non ti trafigga
che tu possa cercare sempre e comunque
un'altra occasione a quelle già andate
fossero anche tutte sprecate
la troverai
Ho visto amori e parole buie
ho visto cuori infranti e distanti
ho visto il mio andare in mille pezzi
e forse ne ho affettato qualcuno
ma ho visto amori di un solo istante
di un solo giorno o di uno sguardo
e tradimenti lontani nel sole
velato di nebbia e scrosci di pioggia
e ragazze carlotte e calze di seta
felponi d'autunno, ideali di creta
conformisti e poveri stronzi
e un povero stronzo anche in me
ti vorrei dire qualcosa di più
che questo foglio non potrà sopportare
che queste righe non potranno tenere
ma illuminarti soltanto una porta
come un giorno mi hai detto, “spero tu possa capire”
e sgombrare la mente dal troppo consueto
io che ho ancora un argento al collo
ma è un'altra vita, lo sai
queste parole che ora ti canto
le perderai in qualche giro di cocktail
o tra le risate di vecchie amicizie
ritrovate a un concerto ad un ballo
o le perderai, dispersa e abbagliata
in una notte d'amore, che tutto cancella
e porta via il dolore
o ancora in migliaia di posti diversi
dove il tempo non è ancora arrivato
è morto e poi rinato
per poco
Ti ho già incontrata, ora lo so
forse era quando volavo su Londra
o forse eri tu a sorridere in riva a quel mare
inventato, tanti anni fa
o magari eri quella che con il mantello
si copriva le vesti azzurro di perla
bella come la notte calda d'Oriente
fredda come il ghiaccio di Stella del Polo
perdonami, solo, vorrei poter pensare
che facessimo come la volpe e il principe
e illudermi che ti possa importare
e scoprire il prezzo della felicità
fra un attimo, quando la luce si spegne
conchiglie, bambini, pensieri velati
porteranno visi e baci mai osati
quanto si sono pentiti quei baci
questa retorica dell'antiretorica
possa restare cullata in te
e vivere di quel che le dai
e sperare in ciò che darai
e questo odore di solitudine, solitudine
di quando sei in mezzo alla gente
mi assale mentre dietro le righe
ti sussurro le parole più vecchie del mondo
ma credo un giorno di poter rincontrarti
tra i bar modenesi, dove si drinka
e si va giù pesi
o in qualche notte dove si va lontano
o fra le cosce di Mamma Bologna
con la storia che ogni tanto ritorna
e poi…
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5. |
Proverai
05:14
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Se potrai
cerca di trovare un sorriso da fingere se ti cercherò
Se vorrai
dimentica le sciocche convinzioni, le voltiane situazioni da cui fuggirò
Sdraiati sull’erba e ama comunque e per chiunque
ma portati la tua grande forza, perché io sono uno qualunque
Parlerei
parlerei queste parole se l’amore senza riccioli mi ritroverà
Lo farei
ma per ora son rinchiuso nella cella della mia pazzia e immaturità
E così cerco i poeti, maledetti, sconfitti e diversi
per vivere l’illusione di una vita vissuta coi versi
Ma se cerchi un posto dove andare
dove sei meno di niente, più in basso del mare
ma sei alto più in alto del più alto altare
prova, cerca ancora, forse avrai più fortuna di me
io cerco da vent’anni, ho trovato sassi, fango e niente
ma scava nella mente, forse lo porterai con te
Tu vedrai
vedrai che c’è di più di quel che sembra nei colori intorno a te
Troverai
nuove fiaccole di luce per scappare via de quel che è dentro in te
E se perdi amicizie, legami, amori o radici
qualche donna Caballeros suonerà un violoncello ai felici
Ma tu
insegnante che siedi al trono sopra tutti e credi di avere potere
E tu
uomo forte o intelligente sconfiggi tutti e credi di avere potere
Quando siamo soli e nudi nella notte più profonda
tutti abbiam paura, non c’è più forte, potente o carogna
E quando vuoi solo smetter di pensare
e far fatica per un posto a cui arrivare
e fare cose, vedere gente con cui stare
ma non sei ciò che vorresti, non sei certo né uomo né dio
sei su un filo d’acciaio sospeso tra l’incerto e l’addio
e tutto quel che senti è speranza di trovare un tuo io
Proverai
proverai anche tu la sensazione di non appartenere a nessun mondo
E cercherai
cercherai anche tu di ritrovar te stesso fra i cliché della gente a tutto tondo
Scenderai sulla strada a perderti tra le vie da scoprire
all’ombra della sera, a imparare come nascere o morire
Piangerò
per tutte le occasioni che ho bruciato tra i silenzi e le attese
Guarda su
e vedrai fredda e distante col suo viso scuro e cortese
Una visione angelica, Angelica come il nome che porta
ma è tutta un’ illusione, tutti umani i miti d’ogni sorta
E se cerchi un modo per restare
senza pensare sempre di scappare
tu vuoi fermarti, vivere e amare
ma vivi di ricordi, non accetti ciò che esiste già
appeso a vecchi soli, a un bacio irlandese che non finirà
se vedessi quel che hai forse, forse, chi lo sa
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6. |
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Per le strade acciottolate, strette e affollate
sature di ricordi, visioni, suonatori, chitarre, accattoni
Una vigilia di Natale maschera di tristezza, solitudine
E la paura dei volti, delle facce, il terrore indefinito per la
gente, le sue occhiate di odio e incertezza sfinita
Ed io tenevo giù la testa
io, nascosto dietro gli ombrelli
Non ti ho mai davvero amata quando giravamo io e te
per quelle strade, e mi guardavi con occhi dolci
I miei occhi seguivano riccioli rossi e poetiche malinconie
E la paura della finitudine del tempo e del quotidiano, tutto
fisso come un cristallo spento nei mobili del tuo salotto
Ed io seguivo le piume nell’aria
io, che avevo il terrore del pianto
Ho avuto prova della mia disumanità molto più umana della vostra
e ho resistito come un povero sciocco
alle tue tormente di lacrime
Non servono rimorsi o pentimenti
troppo patetici come sentimenti
ridevo della libertà
ma cosa farai se non ami
e sei amato
Dirai no
come chi ti respinse
L’insicurezza dei miei giorni e l’invecchiare della primavera
mi fan pensare a un legame dentro in noi sconosciuto
Non so se effimero, fugace, luminoso, rapace, non so dire
E così son tornato a cercarti, ricordo ancora quella sera
nevosa, l’attesa davanti alla tua porta, debole, malato
E tu mi hai accolto come un vecchio amico
E tu mi hai accolto nel caldo di casa
Ma eri cambiata, proiettata in quello squallido mondo
di amici e feste, nell’indifferenza del tuo senso di distacco
indifferente al dolore degli altri
Tu credi di essere quella che ha sofferto di più per amore
e ti affolli di idioti la vita
cercando una febbre del sabato morta e fallita
ma tu non sei quel che sembri
ancora
È meglio che piangi
per quello che vale
Tutto gira lo sai, e tu credi a un destino fatato che ti salterà nel letto e ti sposerà
la mia mente è più tormentata, ma infine hai sempre ragione e per quanto ne sappia chissà
tutto diventa più bello solo quando ricordi, perché quando lo vivi vuoi sempre andare più in là
tutto diventa più scuro con il passare del tempo, ma c’è qualcosa che rimane e ci sarà
Non parlerò dei tuoi grandi dolori di cammino
ma vedi quelle tue lacrime che vanno a tradimenti e perdite fantasma
quando trovi nuovi amori a ogni passo
e non è da tutti
Questo tuo disprezzo ipocrita ti ferisce, vattene via
ma io son qui che parlo e giudico, perdonami
noi siamo tutti sbagliati
e tutti soffriamo
Ma per questo un briciolo ora forse
ti amo
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7. |
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Se ti lasci cullare dalle onde
verso il luogo in cui il blu diventa azzurro e l’azzurro diventa mare
puoi piangere lacrime di rabbia o d’amore, nessuno se ne accorgerà
nessuno ti verrà a salvare
Se immagini cose strane
o pensi immagini verdi e guardi la schiuma che sale
puoi sforzarti, faticare, ma l’onda ti dirà non pensare
fa male quando sei al mare
E poi tra la gente e le stelle
mezzanotte è passata da ore e rivivi per un instante un istante del cuore
come un attimo, un lampo, e subito offuschi e ricopri quell’ improvviso bagliore
e fai un sorriso falso e ricominci a giocare
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8. |
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Quella volta era aperto il cancello e mi intrufolai come un ladro
incurante della tua fotocopia in agguato fuggente
tua madre non mi guardò neppure
io finsi di bussare
scambiavo lei per te
ma fuori dalla penombra capivo che forse eri troppo
invecchiata in due giorni
Il prato puzzava di cane e il tuo zaino di birra
esotica con quelle spille
ma io ti parlavo di Kierkegaard e non mi ascoltavo
poi il frappé nel bar deleterio
alla radio davano Dylan
e pensavo a chi avessi fregato le spille bohème, forse qualche viandante incallito
od amante, e la tua fragola non andava giù
Parlavi di certe poesie che avevi già scritto ma fin troppo
tue per essere lette a qualcuno
e mi chiedevo per un attimo cosa fossero mai
ma in realtà non vorrò saperlo
non voglio scostare il velo di Maya
so già troppo di te e dei tuoi misteri fasulli per intorbidare le immagini scure
e future con versi forse già usati
Al caffè dei poeti ci atteggiavamo come pseudointellettuali
un po' goffi e impacciati
ma di poeti laggiù non ce n'erano, e neppure fra noi
Milano sembrava risorgere
o forse eri tu che le davi una mano
per me ora è rimasta la solita fogna, ma il nostro treno al ritorno
speravo viaggiasse più lento del vecchio giorno
Conrad e Svevo piazzati sul tavolino sapevano già
l'effimerità della prova che inetti subivano
forse anch'io lo sapevo, ma restavo in silenzio
certo lo sapevi anche tu
io credo, e ti fingevi distratta
troppo valeva pensare alla noce di decadenza divina suina
che misera e vuota suonava con occhi mai stanchi
Ora è il mio turno e il mito della notte irlandese mi brucia di
Guinness sotto le note di parole italiane
tu sai che i dublinesi sono morti con Bloom
e a Dublino imparo di Napoli
e la madre tettona non è altro che una scuola fascista
immersa nelle facce passate e disperse che il mio
feticismo trasporta in adorazioni di luoghi ormai spenti
Leila tu sai quanto il tuo nome mi porti in mondi e
galassie lasciati nella promiscuità di ricordi rubati
proprio come l'irish folk music muore nel disco
non posso che pensare all'indietro
o immaginare i litigi di Joyce
poi la troia ci disse "le vostre birre son da signorina"
mentre il quarantenne la toccheggiava e il padre era esperto di vini
Tre anni dopo l'aver consacrato il cimitero notturno
di preti e fantasmi
il partente fratello mi tradisce e richiude la porta
il giorno delle sue nozze
o dei suoi incontri fuori le porte di Roma
ci sarà qualche ora di me, insieme a un pugno di parole non vere che fluivano
l'unica sera del mio ritorno in Dundrum
Busserò come il cugino Jolly alla porta del monastero
in vesti da pellegrino consunto
cosa farò o penserò ancora lo ignoro
coverò pensieri non troppo pudichi
all'ombra del bosco di castità
tutto forse soltanto per vedermi strappare da sotto gli occhi
quel che mai ho avuto, e un gusto di familiare tempesta
Ascolto la predica di blasfemi cattolici che decantano
di una verità assoluta, iperbolica
e poi aprono Nietzsche e ne leggono i versi
"noi siamo compagni di mensa
ma non andiamo a letto insieme"
padre, lei parli per sé, io mi limiterò a frustrarmi nella tentazione
e Nietzsche si agita nel suo inferno afrodisiaco
Cristo forse sarebbe lui stesso un esule nutopiano
in questa terra straniera e remota
che però mi scivola accanto senza sfiorarmi
per una attimo ho visto dio
da lontano, io sguazzavo nel fango
quando lei mi trafisse con i suoi occhi verdi in quell'eterno
momento capii come mai da millenni l'uomo la preghi
Addio, la rotaia vicina mi chiama, con l'ultimo
bacio sospeso all'amuchina forte
che il parente ti aveva spalmato sulle labbra sottili
ho spezzato la duplice gabbia
e la morsa nel petto tarda a arrivare
mi ha colpito che ero già troppo lontano, nel sole della costa dell'Est
dove la vecchia roulotte tornava per un'altro giro di mano
E' il momento di aprire le porte ai vitelloni e alla caccia
alle foche nella penombra dell'estate emiliana
ma quando evapora il vino posso toccare la notte
vuota nel nichilismo disfatto
di chi perde e non trova o ritrova
nel solcare le strade non battute dai carri ero sempre straniero
in ogni terra e forse, fratello, mi mancavi più della nostra donna fantasma
Ed è l'inverno inoltrato che mi richiama per una breve estate dei morti
nel cuore della terra imperiale
illuso da una dea che, come tutte, si scopre mortale
ma al buio sul mare nella Miami minore
mi sentivo come Allen e Keaton
col tuo cappotto alla "Blonde on Blonde" sembravi l'amante di bronzo del
solcamari, ma era solo un altro flebile istante da collezione, lo sai
Il ritorno è sempre malato di vizi passati che uno
alla volta son ritornati al loro atavico nido
nido mobile e infermo nelle case degli altri
un marinaio di granito
baciava la sua donna coi fiori sul petto
osservare loro o guardare i vampiri era sempre e per sempre tutto
quello che il mare e la terra ci avrebbero dato nel primo e secondo tempo
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9. |
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Sentivamo appesi a un filo la risposta di Carida
con mucchi di terra in mano
“E’ vero caro amico che ritorneremo un giorno?”
“Menzogna” disse lui, “e Plutone è una altro mito
o una leggenda, ma con due scellini in tasca
farete la fortuna”
Siamo diventati sordi da un orecchio soltanto
e siamo ingrassati di fame
Beviamo in compagnia, ma senza mai giocare a carte
e sappiamo solo per sentito dire
che i giuramenti d’amore non raggiungono
l’orecchio degli dei
Perdevamo il potere della nostra forza bianca
ma compravamo letti e grandi api
Abbiam provato vergogna e siamo morti da un giorno all’altro
qualche posto vuoto ai tavoli dei ristoranti e delle enoteche
scambiate per osterie
ipocrisie di vino
Siamo stati deturpati da un teatro di Venezia
e siamo stati amati in simulacri di marmo
Le labbra che ci sfiorano sono fredde come le nostre
e come Adoni sfioriti siamo chiusi in un’alcova
oltre un vetro a doppio malto, soli con la nostra obliqua
e sfinita nostalgia
Dolce amore mio, i tuoi occhi sono di cenere
e così i miei
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10. |
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11. |
Inno ad Eco
07:00
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Voi scrittori amici, pittori di moleskine
Picasso sei troppo eroe coi tuoi tratti squadrati
Chatwin i tuoi viaggi, i tuoi scritti nella notte
mi donano il gusto dell’avventura lontana
perché son qui seduto, intrappolato nella mia vita
un po’ l’ho cercata, e un po’ troppo l’ho tradita
Tu che giri in strada, ma non le appartieni
guardi dall’alto la gente, gli accattoni
li uccideresti tutti con il tuo fucile
che vorresti comprare, perché ami le armi
ami la difesa, sei un vero eroe
ma perché non siamo in America
Non c’è spazio per i romanticismi malati
che serpeggiano tra i muri che avete creati
Amico professore che sei ancora fra quei pochi
molto pochi degni del mio modesto rispetto
la tua passione di conoscere, di amore per l’antico
ristagna nella frustrazione di non essere capita
ma non disperare, la gente è varia e strana
troverai chi capirà, capirai chi troverai
con la grandiosa arte che nascondi
dietro i tuoi occhiali astratti, tondi
Me ne frego dei vostri doppi sensi di parole
la mia devozione è ad altre cose, un po’ più strane un po’ più sole
non ci incontreremo mai, non seguirò le vostre strade
ma lasciate la violenza che avete nelle anime
E tu, Mina, sei sempre più bella
Mina, tu, nella nebbia di gennaio
un po’ di Rimmel, il sorriso così trascurato
mi invade con dolcezza e malinconia
Ho sempre visto una falce egoista
fra le righe del tuo volto sempre altruista
non avrei mai pensato di cedere a cliché
come questi, van contro di me
Ma non disperate amici mai conosciuti
ci incontreremo un giorno, quando non serviranno i saluti
La notte è ormai scesa del tutto
con le sue coperte, le sue ispirazioni
con la sua voglia di intessere poemi
e di cantare storie di antieroi falliti
con le sue immagini a lampi
delle feste e degli sballi che insaziabili proseguono
Lampi e immagini del tuo abito nero
che mi hai fatto scegliere nel promiscuo del tuo letto
di vestiti a me non è mai importato
ma ora tu lo indossi e dimentico chi sei
dimentichi chi sono e lo usi per baciare
gente che è l’opposto contrario di me
E tu, Mina, sei sempre più bella
Mina, tu, in un caffè di viaggiatori
tu che non viaggi, sempre più egoista
sai e non sai e fingi ancora un po’
Vorrei leggere a fondo quegli occhi di musa
che di musa non hanno poi niente
e capire se credi, se non credi, se ami
se fingi, se vuoi partire domani
o restare per sempre tra le mura di pietra
e le torri che segnano la tua terra di vita
Sono incerto, come te, come voi certi
ho pietà, ho paura, come la forza è insicura
Vorrei essere tanto una persona migliore
alla fine sono io pure egoista quanto te
vorrei cambiar le cose senza cambiar me stesso
cambiare le vostre menti e far bene lo stesso
esser più saldo, più forte, atarassico
ma stanotte mi accorgo di quanto si sogni
Ed è sempre la notte che mi dà la forza
di indebolirmi e sentir le vostre voci
che danzano e gridano qui nell’immane
silenzio che circonda, prende ed avvolge
la notte lo senti se ti sforzi anche poco
la notte lo senti con fare noir
ma è di giorno che viene confuso tra tutto
tra le cose del mondo e delle città
eppure è proprio di giorno che regna soave
e uccide ogni tentativo di libertà
E ora il mio corpo, abbandonato
sulle rive di quel lago gelato e fetido
tra le montagne che non ricordo più
si lascia andare alle piogge crudeli
Luoghi comuni, vecchi nemici
vi ritrovo in parte della mia vita
e una parte di voi non è più comune
ma rara, desolata, furiosa e smarrita.
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